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sabato 25 giugno 2011

Milano al Pride, New York in festa


Nel giorno del Pride finalmente patrocinato dal Comune di Milano e di Corso Buenos Aires imbandierata rainbow, a New York festeggiano i matrimoni gay colorando arcobaleno l'Empire State Building

giovedì 23 giugno 2011

DI PIETRO: Quel che ho detto a Berlusconi

lunedì 13 giugno 2011

Da Pisapia a Lady Gaga - gli italiani pretendono il cambiamento

Lunga battaglia politica negli ultimi mesi, a partire dalle primarie di coalizione per candidare Pisapia. Poi la faticosa campagna elettorale, nei mercati e in rete, il brivido della vittoria a portata di mano e il sorpasso da manuale. L'euforia, la festa come se avessimo vinto, ma poi altre due settimane di passione, a battere ogni strada e ogni sito, ogni network e ogni mail, fino a capire, già al concertone di chiusura di campagna elettorale che la vittoria era in pugno, e festeggiare la liberazione finale già pochi minuti dopo la chiusura delle urne, quando era oramai chiaro che Pisapia era Sindaco. E infine la battaglia per un Paese più giusto e per una Legge uguale per tutti, boicottata in ogni modo subdolo, osteggiata apertamente da Berlusconi, ma combattuta con ogni mezzo dagli italiani stufi dei soprusi e di un liberismo sfrenato incompatibile con lo spirito solidale e con un'economia veramente libera. Sabato l'Europride, ultima grande sfida del mondo laico e progressista ai residuati medievali che ancora imbrigliano il nostro Paese tentando di rinviare il momento in cui diritti umani e felicità dei cittadini saranno il faro per la legislazione italiana. Un milione di uomini e donne in corteo tra palloncini, bimbi, cartelli e coppie innamorate fino al Circo Massimo, completamente coperto di persone libere in attesa dello spettacolo finale con Lady Gaga. Uno spettacolo nello spettacolo. E poi correre a casa a votare per i referendum, accompagnare tutti i vecchietti del palazzo al seggio, fino alla vittoria finale, l'ultimo grido di liberazione da quella cappa che ci sovrastava da una ventina d'anni. 
Il messaggio è chiaro: il Paese chiede un vero rinnovamento, chiede la fine del berlusconismo e di una destra illiberale e liberista e chiede che la sinistra sia aperta, riformista ma schierata chiaramente dalla parte degli ultimi.

orgoglioso della mia tessera elettorale completata il 12 giugno


venerdì 10 giugno 2011

Festa di compleanno di Marco

Sono arrivati i 48. Cifra pari, mi piace più di 47, speriamo porti bene.
Di sicuro festeggerò come si deve, a Roma, con almeno un milione di amici da tutta Europa. Ho saputo che anche Lady Gaga si è imbucata alla festa grazie all'intercessione dell'ambasciatore statunitense. Ma sì, anche lei ha diritto a divertirsi.
Ci vediamo al Pride!

mercoledì 1 giugno 2011

Moda post-elettorale (Costantino della Gherardesca su VOGUE.it)

Cosa indossare sotto il Sol dell'Avvenire? Una provocazione di Costantino della Gherardesca

Le fashionista radicali d’Italia devono essere al settimo cielo per la vittoria di Giuliano Pisapia a Milano e per quella del bel ex-magistrato Luigi de Magistris a Napoli. Ora che c’è stata una svolta e l’estetica kitsch-capitalista che caratterizzava l’Italia berlusconiana è destinata a diventare un ricordo del passato, un solo pensiero ci assilla: cosa indosseremo nell’imminente futuro socialista?

GRAZIE A DIO, questo è il periodo delle collezioni resort, il che significa che tutte le compagne avranno l’imbarazzo della scelta rispetto a quale outfit rivoluzionario bolivariano indossare per fronteggiare degnamente il clima venezuelano. Per il momento, Bottega Veneta sembra essere il brand che più di altri si addice allo stile della viaggiatrice comunista, in quanto la maggior parte dei look proposti dalla pre-collezione si contraddistingue per quello che sarà il dettaglio per antonomasia dei nostri outfit futuri: la camicia con taschino. Guardato spesso dall’alto in basso dalla borghesia, il taschino della camicia è da sempre un must per il guardaroba della rivoluzionaria determinata a sovvertire il sistema. Ovviamente il consiglio è di lasciare il taschino vuoto, inutilizzato, onde evitare di sabotare la forma della camicia e tuttavia, se il gioco si fa duro nelle trincee della guerra anticapitalista, lo si può utilizzare per la fedelissima, e accettata ovunque, Carta Centurion [una carta di credito ad altissima capacità di spesa, ndr].

Un’altra casa di moda che sta dimostrando di essere all’altezza delle esigenze della moderna voguette di stampo Trotskiano è Céline: il suo è uno stile in grado di coniugare un look senza fronzoli ma glamorous allo stesso tempo, e quindi ideale per la frequentazione dei pezzi grossi dell’élite comunista: dal Consiglio dei Ministri di Cuba al Politburo del Partito Comunista Cinese. Ma meriteremmo il gulag siberiano se dimenticassimo di menzionare due nomi della moda che hanno da sempre supportato la causa comunista: Yves Saint Laurent e Prada. È da otto stagioni che Stefano Pilati pubblica il Manifesto di YSL: un vademecum sulla sua visione ultra-chic.

Ma la Grande Timoniera Miuccia non è da meno. Di recente ha infatti lanciato delle capsule collection intitolate “Made in…” che sembrano aver interpretato alla lettera la visione del leader del Partito Comunista Rivoluzionario degli Stati Uniti, Bob Avakian, il quale suggerisce di ignorare la griffe di un abito e di concentrarsi invece su dove sia stato prodotto. Così, per esempio, la collezione Prada “Made in India” è caratterizzata da ricami Chikan mentre la collezione “Made in Peru” include maglioni in alpaca delle Ande. L’auspicio è che presto Prada lanci la collezione “Made in  The Democratic People’s Republic of Korea” caratterizzata da tute da lavoratore color “blu operaio di fabbrica” e pantaloni con cordoncino in vita color “verde contadino del kolkhoz”.

Nell’attesa della collezione Prada “Made in North Korea”, i dettami della rivoluzione del popolo fashion esigono quanto segue: spogliarsi dell’oro, evitare il look cripto-fascista della moda preppy, non osare nemmeno pensare alle celebrity di Hollywood salvo che non si tratti di Sean Penn e mai indossare un cocktail dress se non si è a conoscenza sia di Michael Parenti [storico americano che ha condotto  diversi studi sul razzismo, ndr] sia di Cornel West [filosofo, sociologo e attivista per i diritti dei neri, ndr].