l'opposizione chiede una normativa unitaria per tutto il territorio
nazionale
Denuncia dei radicali: in passato non era stato rifiutato. Il
direttore del Pini: aderiamo a protocollo del Policlinico
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L'ingresso dell'ospedale Gaetano Pini (Newpress) |
MILANO - Qualche giorno fa la denuncia dei radicali Marco
Cappato e Sergio Rovasio: «Il servizio trasfusionale dell'ospedale
Gaetano Pini di Milano ha dichiarato di non voler accettare la donazione
di sangue da un donatore dichiaratamente gay che finora lo aveva donato
almeno venti volte (per otto anni,
ndr). Ciò che sconcerta -
prosegue la nota - è che la direttiva per la quale una persona gay non
può donare il sangue nella struttura del Policlinico di Milano è nuova e
nemmeno ha tenuto conto del fatto che la direttiva della Commissione
europea (
direttiva 2004/33/Ec)
riguardo i donatori di sangue precisa che i gruppi a rischio sono coloro
che "hanno comportamenti sessuali a rischio", indipendentemente dal
loro orientamento sessuale così come previsto anche dal decreto
ministeriale 13/4/2005».
IL PRECEDENTE - Non è la prima volta che il problema viene posto
in questi termini. Nel 2007 c'era stata la denuncia di un giovane gay,
che aveva scritto al
Corriere: «Ho 28 anni, non ho mai fatto uso
di droghe, non sono anemico, non ho malattie importanti come tumori o
diabete, non sono sieropositivo, non ho mai avuto nessun tipo di epatite
e non ho comportamenti a rischio per le malattie a trasmissione
sessuale. Ma sono gay e non mi hanno permesso di donare il sangue».
Sotto accusa era finito il Policlinico e la notizia aveva scatenato
l'interesse dei lettori del
Corriere, che
hanno commentato la lettera e inviato le proprie
testimonianze.
INTERROGAZIONE - Ora il nuovo caso ha scatenato, oltre che
irritazione, uno scontro politico. «Respingere le donazioni di sangue da
persone omosessuali è del tutto illegale, lo stabilisce con chiarezza
il decreto sulla donazione dell'aprile 2001 dell'allora ministro della
sanità Umberto Veronesi» attacca l'esponente Idv Franco Grillini. Gli fa
eco Leoluca Orlando, presidente della Commissione sugli errori
sanitari: «L'orientamento sessuale non è a priori un motivo di
esclusione dalla donazione di sangue». La Commissione ha inviato una
richiesta di relazione all'assessore alla Sanità lombardo Bresciani. E
Luciana Pedoto (Pd), della Commissione affari sociali della Camera, ha
presentato un'interrogazione parlamentare al ministro della Salute
Fazio: «Il protocollo per la donazione non può che essere unico per
tutto il territorio nazionale, non potendo la donazione stessa essere
oggetto di alcuna fase sperimentale. Rispettando tali corrette e
uniformi indicazioni un potenziale donatore può essere ammesso o escluso
alla donazione».
PROTOCOLLO - Parole facilmente condivisibili ma resta il dubbio
se i gay possano o meno donare il sangue.
Sul sito internet dell'Avis (l'associazione
volontari italiani sangue) si legge che sono esclusi dalle donazioni
coloro che hanno avuto «rapporti sessuali ad alto rischio di
trasmissione di malattie infettive (occasionali, promiscui)». Non si
parla di omosessualità. Stessa cosa sul
sito del Centro trasfusionale del
Policlinico, dove si fa riferimento a generici "rapporti
sessuali, anche protetti, con persone a rischio". E a quanto pare non
esiste un protocollo nazionale. Infatti, come spiega il direttore
dell'ospedale milanese, Amedeo Tropiano, «il Gaetano Pini aderisce al
protocollo per la medicina trasfusionale della Città di Milano, di cui è
capofila il Policlinico, e a cui aderisce anche il Fatebenefratelli».
Dal canto suo il Policlinico afferma in una nota che «recentemente l'Fda
americana (Food and Drug Administration) ha riconfermato l'esclusione
dalla donazione di sangue di uomini che abbiano avuto un rapporto
omosessuale anche solo una volta nella vita». Inoltre, viene spiegato, i
gay che vengono respinti come donatori sono meno di tanti altri, che
vengono esclusi per motivi diversi: chi ha avuto più di tre partner
nell'ultimo anno, chi ha avuto rapporti con una prostituta o
occasionali, chi ha frequentato nei tre mesi precedenti Paesi in cui è
alto il rischio di contrarre la malaria. Spiegazioni che non convincono
Aurelio Mancuso, ex presidente nazionale di Arcigay, che sollecita «un
intervento immediato e chiarificatore da parte del ministro della
Salute».