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mercoledì 21 aprile 2010

Ilaria. Il successo delle donne dovrebbe essere un interesse comune della società (da donnealvolante.it)

Mi chiamo Ilaria Volpe, ho 23 anni e sono nata e cresciuta a Milano, finché non ho iniziato a girare per l’Europa. Negli anni del liceo sono stata rappresentante degli studenti, e per un anno ho collaborato all’edizione milanese del Corriere della Sera, con una mia rubrica settimanale su giovani e scuola. In seguito, durante l’Università, sono stata Consigliere di Zona 2 a Milano, eletta in una lista civica e poi, dopo la nascita del Partito Democratico, nel gruppo del PD. A chi vedendomi diciannovenne pareva strano chiamarmi ‘Consigliere’ e riteneva più adeguato rivolgersi a me come Ilaria, o ‘la ragazza’, ho risposto con un lavoro accurato ed un atteggiamento a volte sfrontato: mentre gli altri erano politici in se io, giovane e donna, dovevo dimostrare di esserlo.

Nel frattempo mi sono laureata, in corso e con lode, in Scienze internazionali ed istituzioni europee, tanto per assecondare le statistiche su donne e risultati scolastici, ed ho fatto un Erasmus in Belgio, a Louvain-la-Neuve. Tutto ciò ovviamente tra una festa e l’altra, un amore e l’altro, un lavoretto e l’altro, una campagna elettorale e l’altra, e sempre in compagnia dei miei amici.

Adesso sto terminando un Master Joint Degree tra Spagna, Francia, Polonia ed Italia in “Diritto e politica dell’integrazione europea”. L’anno scorso ho fatto un semestre a Barcellona e uno a Montpellier, e quest’anno uno a Stettino ed uno a Bruxelles. Per concludere i miei studi sto facendo uno Stage alla Lobby Europea delle Donne a Bruxelles, dove seguo l’evoluzione delle politiche socioeconomiche europee, e aiuto a spingere affinché queste perseguano l’uguaglianza tra uomini e donne.

Faccio parte di quella generazione che, a pelle, non crede tanto alla differenza tra uomini e donne. Cresciuta in una famiglia fantastica e progressista a “pane e autostima”, con buoni voti e tanti successi, pensavo bastasse esser forti e determinate per essere considerata alla pari di un maschio. Non accetterei mai un compagno che non volesse condividere con me gioie e dolori dell’essere genitori, o che non accettasse di rivedere le sue priorità per farle combaciare con le mie, e viceversa. Insomma, un mio pari. Come se bastasse a un roseo futuro da professionista, madre e moglie. Poi, ripensandoci, mi sono accorta che mi stavo accollando un peso che non dovrebbe essere mio. Che il fatto di sentirsi in dovere di essere forti e determinate non era giusto, e che se fossi stata un uomo non avrei introiettato tale pressione. Non siamo noi donne a dovere essere forti abbastanza da riuscire a farci strada, nel lavoro e nella vita. Semplicemente, l’Italia non ha futuro se non sfrutta il talento femminile nel mondo del lavoro, o se non aumenta il tasso di natalità. Senza figli non ci sono pensioni, senza lavoratrici non c’è aumento di produttività; non male per temi trattati come “cose di donne”. Il mio successo come lavoratrice o come madre non dovrebbe essere una mia preoccupazione, ma un interesse comune della società, senza la quale il nostro paese sta affondando. Tra pochi mesi avrò in mano un diploma di master francese, uno spagnolo, uno polacco e uno italiano. Lavoro in quattro lingue. Per la Fondazione Cariplo che insieme all’Università di Milano mi ha dato una borsa di studio sono “capitale umano d’eccellenza”. Dati alla mano, progettare un futuro in Italia in questo momento per una giovane donna neolaureata è una scelta infausta. Vorrei lavorare, ma c’è il precariato e gli stage non pagati. Vorrei continuare a vivere da sola, ma gli affitti sono impossibili. Vorrei fare un dottorato, ma l’università e la ricerca sono lasciate senza fondi. Vorrei pensare ad una famiglia, ma senza decidere tra un figlio ed un lavoro appagante.

Ecco, quello che chiedo alla politica è di pensare non solo allo ieri o all’oggi, ma soprattutto al domani e dopodomani. Io, mal che vada me ne resto all’estero. Ma l’Italia non può farcela così. Serve una assunzione di responsabilità collettiva: conciliazione di vita privata e professionale, strutture di assistenza all’infanzia e alla terza età, congedi di maternità e paternità, orari flessibili. Sostegno dell’università, del mercato degli affitti, del trasposto pubblico, lotta al precariato. E in generale attenzione, in tutte le politiche, al fatto che la società è fatta di donne e di uomini, e che quindi ogni politica pubblica va indirizzata ad entrambi i generi, con le loro specificità.

Ecco, io vorrei tornare in Italia, ma non posso, se credo in me stessa e nel mio valore. Anche se l’Italia è il mio paese. Chiedo alla politica che i miei successi di studentessa, lavoratrice, donna, e spero in futuro madre siano i successi dell’Italia, e non nonostante l’Italia.

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