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venerdì 28 maggio 2010

Foxconn, non si fermano i suicidi nella fabbrica iPad (rassegna.it)

  

















Dieci morti dall’inizio dell’anno alla Foxconn, sussidiaria di Apple, Dell e Nokia, che fa firmare ai suoi dipendenti una lettera in cui si impegnano a non suicidarsi. Nella città-fabbrica lavorano, vivono e dormono 300 mila persone
 
Foxconn non riesce a fermare la spirale dei suicidi, e dei tentativi di suicidio, tra i suoi dipendenti a Shenzen. Ieri si è ucciso il decimo impiegato, in cinque mesi, dell’azienda cinese che fabbrica componenti per i gadget elettronici più diffusi al mondo, tra cui iPad e iPod per Apple. L’uomo, un 23enne originario della provincia cinese di Gansu, si è gettato dall’edificio di un dormitorio della fabbrica, informa l’agenzia Nuova Cina ripresa dall’Ansa. Oggi un altro dipendente ha tentato di togliersi la vita tagliandosi le vene, ma è stato salvato dall’intervento dei sanitari. Due giorni fa un dipendente di 19 anni, Li Hai, si è gettato dal tetto di uno dei padiglioni del complesso. Il ragazzo lavorava alla Foxconn da appena 42 giorni.

Foxconn Technology Group appartiene alla taiwanese Hon Hai Group, un’azienda con ben 800 mila dipendenti in Cina, che produce non solo per Apple, ma anche per Sony, Dell, Hewlett-Packard e Nokia. La maggior parte degli impiegati sono sotto i 30 anni. Orari di lavoro, stress, violenza, l’universo concentrazionario di una fabbrica in cui si vive, lavora e dorme sono all’origine di una catena di morti contro la quale si sono mobilitati gli stessi vertici dell’azienda taiwanese. Il 26 maggio agli oltre 300 mila impiegati della Foxconn di Shenzen è stato fatto firmare un documento che prescrive l’impegno formale a non suicidarsi. “Prometto di non fare del male a me stesso o agli altri in maniera irreparabile”: questa la formula del giuramento del ‘suicidio proibito’.

Sempre il 26 l’azienda ha aperto ai media le porte della sua città-fabbrica. La visita è stata guidata dal manager Terry Gou, che ha chiesto scusa per i suicidi, negando che le morti siano legate alle condizioni di vita e di lavoro dei suoi dipendenti. Eppure i giornali cinesi descrivono condizioni umane più simili a una vita di prigionia che di lavoro.

Le contromosse dell’azienda, oltre il giuramento, comprendono psicologi, call center di sostegno, ricompense a chi segnala colleghi a “rischio suicidio”. L’azienda avrebbe anche chiesto ai dipendenti di firmare una lettera nella quale acconsentono ad essere ricoverati in istituti psichiatrici se vengono loro riscontrate condizioni fisiche e mentali “anormali”. “Se litigo con il mio capo, mi manderanno in manicomio?”, si è chiesto un dipendente intervistato da un giornale.

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