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sabato 19 giugno 2010

La rete triste del Pd (blog di Zambardino su la Repubblica)

zambardino

La rete triste del Pd


A sera tarda, dopo dieci ore di parole al convegno del Pd di ieri, sulla banda larga e la rete, Marco de Rossi, che ha vent’anni ed è un imprenditore in piena regola, mi ha dato la sintesi vincente di questa giornata, che a me ancora sfuggiva: “Ma visto che loro, che sono all’opposizione, sullo sviluppo della banda larga contano zero, perché non si concentrano su ciò che potrebbero fare ed essere sulla rete (corsivo mio: vz), magari per parlare ai giovani che li considerano un partito di sfigati?”.


Ecco, potrei fermarmi qui, visto che in pieno week end pochi vorranno leggere troppe righe su un convegno. E poi c’è la cronaca al veleno di Gilioli, che fa ridere come io non so fare, ma io mi sento meno cattivo e aggiungo un solo concetto.


Ho seguito tutto quel convegno. E mi chiedevo perché abbiamo passato ore ad ascoltare occulti signori del cavo, del nocciolo duro della rete intesa come capacità trasmissiva, dirci che la banda larga vera non verrà prima di parecchi anni, 5-10 direi, e che quando verrà ci dovranno essere prezzi calmierati e saranno prezzi medio alti?


E perché abbiamo ascoltato altri signori che amministrano la rete fare apologia dello status quo? “In Italia la banda che c’è basta – ho sentito dire – per fare le cose che servono. Tanto se ce n’è di più la usano per scaricare film illegali”. Insomma mi sono chiesto, perché il Pd non ha una parola di critica per questi qui? E perché li adora, li accudisce, li rispetta come mandarini? Azzardo: perché questi qui non li schioda nessun governo, né di destra né di sinistra. O avanzo un ricordo: ma questo era il modo nel quale la sinistra discuteva di Rai e di televisione negli anni ‘80: una questione di potere discussa fra poteri.


E insomma qualche sprazzo poi è venuto da Renato Soru, che ha cominciato a dire che seppure non ci sono i soldi per fare banda larga, si può fare cultura e cominciare a far crescere le idee che poi danno vita a ciò che la banda larga sfrutta per crescere e creare lavoro. Per Dio, c’eravamo arrivati al punto. Ma proprio in quel momento ci siamo fermati. Incombevano gli aperitivi e i conciliaboli.


E così il maggior partito di opposizione sembra di avere della rete questa idea molto hardware, molto industriale, e la tratta in una politica di vertice e di potere.  Non la vede, come dice il mitico De Rossi, come un modo per parlare ed essere. E nemmeno ci fa caso al problema che la “sua” politica è una politica extra-rete che non riesce a produrre idee native: quindi una battaglia contro il decreto Pisanu non ci sarà (ti citano i documenti, se glielo dici, ma non mettono su centinaia di banchetti per raccogliere le firme nelle feste). E non ci sarà una battaglia per avere i dati delle spese dello stato in rete, come accade in Gran Bretagna, e cioè pubblica trasparenza di ciò che il potere fa.


E’ scisso, il Pd: o parla negli angoli con i Boiardi del potere, o si avvolge nell’ideologia dell’inclusione di cui non viene data alcuna declinazione. Parla e fa parlare di innovazione, ma non va a cercarsela sul territorio, dove ci sono i ragazzi che la fanno.


Insomma la “politica” intesa come proposte e discorsi da fare con  e a quelli che in rete ci vivono, quello no. Nemmeno lo avvertono il problema: che così facendo si rendono uguali ai loro avversari, il cui unico scopo, attraverso leggi e leggine, articoli ed emendamentini, è sottrarre alle persone questo strumento di discussione e questo luogo di crescita personale e sociale.

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