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giovedì 24 giugno 2010

SE L´OMOSESSUALITÀ NON È UN DESTINO (la Repubblica)

di Lucia Sica

Simona Argentieri parla del suo nuovo libro “A qualcuno piace uguale”
L´analista affronta un tema poco trattato: la scelta, a un certo punto della vita, dopo “normali” relazioni eterosessuali, di fare coppia con un partner dello stesso sesso
Piccolo gioco cinefilo, alludendo a quel film di Billy Wilder – A qualcuno piace caldo – dove saggiamente si dichiara: “nessuno è perfetto!”, A qualcuno piace uguale è il titolo scelto da Simona Argentieri per il suo nuovo libro in uscita nelle “Vele” di Einaudi (pagg. 132, euro 10). Da sempre provvista di un suo tic per il cinema, la nota psicoanalista è qui molto critica con i vecchi pregiudizi che colpiscono gli omosessuali, ma anche allergica al nuovo conformismo del “politicamente corretto” che tende a banalizzare e soprattutto a dissimulare certe forme più o meno sottili di rifiuto.
Le pagine di A qualcuno piace uguale scorrono veloci, chiare e ben scritte: tutt´altro che rassicuranti, però. «Ammettere che nessuno è perfetto non equivale a dire che tutto va ugualmente bene»: in linea di massima, l´autrice trova molto sospetta l´assenza di “problematizzazione” quando si parla di sessualità in generale, e di omosessualità in particolare.
Il suo è uno sguardo preoccupato sull´incapacità di amare, come spia di patologia, sintomo diffusissimo ma estraneo alle inclinazioni sessuali. E sulla tendenza a proclamare pari dignità per ogni bizzarria, ogni combinazione sentimentale ed erotica: nulla sembra proibito e tutto possibile, anche che a un certo punto della vita si scopra un gusto erotico diverso e si scelga un partner dello stesso sesso. Capita, anzi l´impressione è che capiti sempre più di frequente.
Non solo di questo tema – poco trattato – scrive l´Argentieri nel suo libro, e senza l´ingenuità di sbandierare una qualche certezza, convinta che le generalizzazioni siano sempre improbabili e nel caso del “viraggio” quasi impossibili: «Nel passaggio all´omosessualità, bisognerebbe innanzitutto valutare quale fosse l´assetto della relazione eterosessuale nella prima parte della vita… Non a caso Freud parlava di “sacrifici pulsionali”, della rinuncia a una parte di sé».
Oggi molti analisti – di diversi orientamenti teorici – si chiedono soprattutto quanto contano le pressioni culturali al bisogno di adattamento sociale, se non sono un elemento decisivo nella formazione complessiva del soggetto. Che la scelta eterosessuale possa essere conformista, mortificante per la parte passionale dell´erotismo, e l´incontro omosessuale consentire finalmente un´espressione autentica del desiderio, l´Argentieri non lo esclude: «Credo che la minore rigidità delle strutture psicologiche dei nostri giorni permetta davvero in qualche caso una riorganizzazione intrapsichica della propria struttura e una pienezza inedita di emozioni, affetti, passioni».
Se però è declinata al femminile, a volte la scelta omosessuale somiglia a un rimedio alla solitudine, a un ripiegamento su una sorta di amicizia amorosa. In questi rapporti – dice l´Argentieri – la componente passionale non è il primo motore: «Sono le circostanze ambientali e culturali, i fattori di realtà che hanno il loro peso, come una raggiunta autonomia economica, l´aver già realizzato il desiderio di avere figli, magari la delusione nei confronti dell´altro sesso o la valutazione realistica delle opportunità che offre la vita. Una donna non giovanissima può non trovare facilmente un partner etero, mentre in una relazione omosessuale l´aspetto anagrafico non è così determinante».
Dal suo punto di vista, più problematici sembrano gli uomini che, dopo aver fatto coppia con una o più donne, preferiscono apertamente un partner dello stesso sesso: «Sono uomini – anche secondo l´esperienza clinica – che per un lungo tratto della vita “non scelgono”, e sono tutt´altro da invidiare perché in genere soffrono e fanno soffrire, vittime di complicazioni e tormenti, artefici di piccoli inferni nella vita quotidiana. Qui le due parti spesso sono scisse: quella eterosessuale si è organizzata in un rapporto stabile mentre quella omosessuale viene vissuta in modo anonimo e furtivo. Se invece le due “quote” si integrano, la sessualità diventa legame, oltre che piacere, e un uomo può orientarsi decisamente alla compagnia di un altro uomo».
Tenendo conto di tanta varietà nella declinazione dei generi, c´è da chiedersi cosa dica oggi la parola “omosessuale”: «Non dice proprio niente, è un concetto di poco spessore che non ci dà nessuna informazione sull´organizzazione psicologica di un soggetto. Dietro questa etichetta può esserci davvero di tutto, dalla nevrosi alla perversione, dall´inibizione alla più banale normalità… Gli omosessuali sono fin troppo simili agli eterosessuali, e se proprio sono “diversi”, lo sono tra loro».
Senza temere certi cliché, l´Argentieri osa difendere «lo stare in coppia» come una risorsa, un esercizio di conoscenza, una fonte di intimità. Non sottovaluta però le difficoltà profonde di qualunque relazione stabile, insistendo sul problema di riconoscere e tollerare la diversità dell´altro – senza odiarlo.
«In un primo momento dell´attrazione amorosa ci può essere l´illusione che stare con una persona dello stesso sesso sia facilitante, ma ben presto si comprende che la somiglianza anatomica è solo l´aspetto più superficiale del mistero dell´alterità. La psicoanalisi non può rinunciare a interrogarsi sulla qualità dei rapporti che riusciamo a costruire… È anche vero che chi è felice ha sempre ragione: ma questo l´ha scritto Tolstoj, non Freud».

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