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domenica 6 giugno 2010

Il Sicilia Pride 2010 a Palermo (Livesicilia)


Mamma li gay!
di Roberto Puglisi

Davanti alla redazione c’è un parco. Le persone lo evitano come se fosse il bosco di Cappuccetto Rosso in grado di nascondere, nella sua penombra, ogni specie di lupo. Nel parco ci sono panchine arrugginite. Eravamo in due o in tre, momentaneamente sottratti alle notizie, in cerca di un caffè, tutti con idee molto corrette sulla diversità e sulla libertà di gesti e opinione. Abbiamo notato, di sfuggita,  su una panchina del parco di Cappuccetto Rosso due piccole donne che si baciavano. E siamo rimasti di sale. Chi scrive ha avvertito un brivido nello stomaco,  una scossa di estraneità: come osservare l’atterraggio di un marziano sul balcone di casa. Una meravigliata incapacità di comprendere e definire la scena peraltro evidentissima. Pure gli altri parevano toccati dalla stessa reazione.  Eppure, sappiamo benissimo cos’è l’omosessualità maschile e femminile. Livesicilia ha portato avanti alcune campagne contro l’intolleranza. Perché allora quelle bocche metaforicamente spalancata al cospetto di  un bacio tra due ragazze?

La tolleranza è una conquista e spesso devi lavorarci di pialla e scalpello prima che diventi un patrimonio emotivo consolidato (e qui diciamo subito al presidente Patanè, intervistato da Miriam Di Peri,  che la tolleranza denunciata da lui è effettivamente orrenda. Tuttavia, per noi la parola sottintende appunto la condivisione come traguardo di un cammino). La tolleranza e la condivisione sono gli antidoti da elaborare davanti allo “scandalo” della diversità che malamente ci spinge a tracciare un confine difensivo, dimenticando la ricchezza e le occasioni che offre. La non conformità degli altri al nostro mondo, sia un colore, un bacio, un vestito,  il taglio degli occhi, il tifo manifestato in piazza per la squadra che non è la nostra, ci percuote al basso ventre, secondo un registro antico. L’esibizione di percorsi e nature alternativi spiazza perfino coloro che hanno letto tutti i libri. Più facile che il solco si scavi (non è affatto la storia del nostro caffè), con enorme danno, quando c’è chi si si arroga, in materie e condizioni improprie,  il diritto di dare una sua definizione assoluta e generica di ciò che è giusto e naturale, tracciando una riga bianca per lasciare fuori il resto. E’ un chiaro favoreggiamento del ghetto, o del campo di concentramento. 
La tolleranza della condivisione implica il dolce sforzo di sentire, più che capire, che dietro un inconsueto bacio si manifestano l’amore, l’attrazione,  e che amore e attrazione appartengono sempre alla natura, al buono, alla giustizia. Talvolta, è necessario saltare il fosso delle sicurezze consolidate e un po’ meschine e accettare di mettere in discussione il nostro sguardo per gli altri, solo allora potremo sperare che gli altri facciano lo stesso con noi.

Palermo (e non solo) aspetta il Gay pride, di cui oggi parliamo diffusamente. Come sarà? Cosa farà la città? Accetterà ciò che esiste comunque senza bisogno, per fortuna, di permessi o visti? Condividerà e crescerà? Rimarrà indifferente? Qualcuno lancerà il grido d’allarme: mamma li gay? Qualcuno, come suole,  pronuncerà parole nobili e profonde per poi raccontare, nel segreto del sabato sera in comitiva, le classiche barzellette sui “finocchi”?

Viviamo tempi da lupi,  di sputi e botte per uomini e cose fuori dai confini che la violenza ha stabilito. Allora, forse, su ogni panchina, a ogni angolo,  ci dovrebbe essere una coppia gay che si bacia, proprio come la gente “normale”. Sarebbe una buona misura di salute pubblica, per giungere all’approdo che chi scrive ha conosciuto dopo lo scontro meravigliato e frontale col bacio di due ragazzine. Di tutto lo stupore è rimasto un tenero sentimento di bellezza, alla fine della mareggiata, una conchiglia in spiaggia. La vita, dal vivo, è diversa.

“Parliamo di diritti e uguaglianza”
di Miriam Di Peri

Il Sicilia Pride, la consueta manifestazione di rivendicazione dei diritti delle comunità lgbt (lesbica, gay, bisex, transessuale), quest’anno sarà ospitata a Palermo. Nell’anno del trentennale dalla morte di Giorgio e Tony, i due giovani omosessuali morti suicidi a Giarre, in provincia di Catania, la festa del popolo omosessuale approderà in città. LiveSicilia ha chiesto a Paolo Patanè, siciliano, presidente nazionale di Arcigay, di raccontarci le sue emozioni in attesa dell’evento.

Presidente Patanè, partiamo proprio dal Sicilia Pride 2010. Quale dei numerosi eventi in programma attende maggiormente?
“Tutti noi stiamo vivendo un’emozione grandissima attorno all’organizzazione del Sicilia Pride. credo che per me uno dei momenti più emozionanti sarà quello di Giarre, tre giorni prima della parata. Sarà un evento di rievocazione della vicenda dei due ragazzi di Giarre, al quale interverremo sia io che il sindaco della cittadina catanese. Per la prima volta la loro storia sarà ricordata a livello istituzionale nella loro città, nei luoghi in cui sono vissuti. Per la prima volta Giarre darà visibilità a quella vicenda. È un atto di riconciliazione straordinaria con la loro città. Dopo l’incontro istituzionale tutti insieme, col gonfalone del Comune e lo striscione del Pride, ci dirigeremo in un corteo silenzioso verso il monumento ai caduti. Ecco, il Sicilia Pride viene costruito proprio a partire da queste emozioni e da quell’evento”.


A partire da quello, a chi si rivolgerà il Pride?
“Questo è un Pride che cerca di parlare alla gente, a tutta la gente. È un pride che parla di diritti, di uguaglianza. È un Pride carico di cultura, in cui i diritti, delle comunità lgbt ma non solo, saranno l’unico comune denominatore”.

Dal corteo silenzioso di Giarre all’eccentrica parata di Palermo: perché durante i Pride c’è questa ostentazione dell’omosessualità?
“Intanto bisogna precisare che quella che è definita ostentazione dell’omosessualità è una scelta che viene fatta da una piccolissima parte delle persone che partecipano all’evento. Il punto è che poi quella è l’immagine che viene proposta dai media. È chiaro che se la telecamera inquadra dal basso verso l’alto una transessuale brasiliana in minigonna che balla su un carro, sta dando un determinato taglio alla notizia. Va poi considerato che il Pride è un evento estivo, fa caldo, si sta sotto il sole, per questo si trova un sacco di gente a torso nudo, ma succede a qualunque evento estivo, anche durante i raduni cattolici! Anche il Pride, in fondo, è uno stereotipo”.

Se questa è l’immagine che resta a chi lo guarda alla tv, qual è, invece, l’immagine che resta in chi partecipa alla manifestazione?
“La presenza delle tante mamme, dei tanti padri, delle nonne. Le famiglie, sono sempre presenti ai Pride. E poi, probabilmente, proprio il fatto che la stragrande maggioranza di chi partecipa al Pride, ci va in jeans e maglietta, a differenza dell’immaginario collettivo”.


Quindi quella più eccentrica è soltanto lettura proposta dai media?
“Anche. Non solo. In un pride c’è sicuramente un elemento di affermazione della realtà, per rimarcare che l’omosessualità è un fatto pubblico, non relegato alla vita privata. L’identità e la dignità delle persone ha anche bisogno di spazi pubblici. Come fai ad essere contrario agli atti omofobici e poi non approvare baci pubblici tra persone dello stesso sesso? Il pride, in questo senso, è sicuramente un momento di affermazione di visibilità di una comunità intera”.

Cos’è la tolleranza secondo Paolo Patanè?
“È una cosa orribile. Nel senso che quando in un contesto sociale riappare la parola tolleranza, anche se usata molto spesso in buona fede… non è un bel segnale. Tu tolleri qualcosa o qualcuno quando non ti viene naturale accettarlo. A me piace più parlare di condivisione. Io voglio essere riconosciuto, non accettato”.

Ci racconti il suo primo Pride.
“È stato il World Pride 2000, a Roma. Un milione e mezzo di persone, un’emozione incredibile. Io ero un socio, ma non un militante. Quello è stato un impatto con qualcosa che per me era lontanissimo. Ho avuto la sensazione di essere davvero parte del mondo, di un mondo fatto di persone che avevano vite, sogni, speranze, proprio come me”.


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