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mercoledì 7 luglio 2010

Bullismo omofobico, i risultati della ricerca nazionale di Arcigay


Abstract della ricerca
Obiettivi del progetto
Prima di questa ricerca non esistevano in Italia dati che ci potessero dare un’idea della diffusione del problema del bullismo omofobico. La ricerca “Schoolmates” aveva come obiettivo primario indagare la percezione che la popolazione scolastica (studenti, insegnanti, personale non docente) ha del bullismo omofobico e dell’omosessualità stessa.
Questo progetto di ricerca se ne differenzia poiché intende:
-investigare la presenza e le tipologie di bullismo omofobico presenti nella scuola italiana;
-raccogliere una casistica di episodi di bullismo omofobico;
-studiare l’omofobia negli studenti e nel personale scolastico;
-identificare la terminologia adottata dagli studenti italiani per denigrare gay e lesbiche;
-ricavare dati sui comportamenti attuati dal personale scolastico in caso di bullismo omofobico.
A tale proposito sono state effettuate due ricerche, una di tipo qualitativo con lo scopo di investigare le forme di bullismo omofobico vissute dalle vittime raccogliendone una casistica e l’altra quantitativa con lo scopo di rilevare la diffusione del bullismo omofobico nella scuola italiana.
Ricerca qualitativa

Metodo
La ricerca è consistita nella compilazione di un questionario in cui si chiedeva alle vittime di bullismo omofobico di riportare l’evento e le sue caratteristiche principali. Si è proceduto a creare un sito web nuovo in cui ospitare lo strumento, www.scuolearcobaleno.eu. Un totale di 133 persone hanno risposto alle domande. L’età media dei rispondenti è 25,82 anni (DS = 7,5) e va da un minimo di 14 a un massimo di 50. Fra i partecipanti 105 persone riportano l’identificazione col genere maschile, 25 con quello femminile. Per ciò che riguarda l’orientamento, 111 partecipanti si definiscono omosessuali/gay/lesbiche, 13 bisessuali e 2 eterosessuali. Altri hanno scelto definizioni che non rientrano in queste categorie.
Risultati
Le storie hanno mostrato la forte presenza delle offese verbali e delle prese in giro, anche se attacchi violenti sul piano fisico non sono rari. L’aggressione o le aggressioni descritte dai partecipanti nell’83,46% (n = 111) risultano essere parte di una serie di azione protratte nel tempo, mentre nei casi rimanenti riguardano essenzialmente episodi isolati. Il contesto delle attività scolastiche in cui avvengono maggiormente episodi di aggressioni omofobiche risulta essere quello dell’intervallo e della mensa, a seguire abbiamo riscontrato il momento della lezione. Il luogo in cui si sono verificati maggiormente episodi di bullismo omofobico è senza dubbio la classe. La maggioranza dei partecipanti (n = 93; 70%) ha riportato che non erano presenti i professori ma solo alcuni compagni mentre 25 partecipanti (19%) hanno risposto che era presente la classe (tutta o almeno quasi tutta), professori inclusi. Le aggressioni riportate si sono verificate soprattutto in quel periodo che coincide con l’ingresso nella scuola secondaria di primo grado fino ai primi tre-quattro anni di scuola secondaria di secondo grado. Abbiamo chiesto se l’aggressione specifica o la serie di aggressioni potessero avere delle conseguenze per la vita della persona. Dalle risposte emerse le reazioni disagio psicologico sono le più menzionate, a seguire quelle di insuccesso scolastico e per ultime le problematiche di integrazione sociale nel contesto scolastico. Vale la pena menzionare il fatto che per 22 partecipanti tali aggressioni non hanno comportato nessuna conseguenza. La maggior parte dei partecipanti (n = 78, 59%) ha indicato, fra gli interventi volti a contrastare episodi di aggressioni omofobiche, l’importanza dell’educazione alle diversità rivolta non solo a studenti ma anche a insegnanti:
Ricerca quantitativa

Metodo

Allo scopo di raccogliere un campione rappresentativo di studenti italiani si è deciso di selezionare un campione casuale di classi all’interno di un campione di 20 scuole selezionate casualmente dal sito dell’anagrafe delle scuole statali del Ministero dell’Istruzione. Il campionamento delle scuole italiane è di tipo casuale stratificato (stratified random sample). Tra i dirigenti scolastici delle scuole selezionate, dieci (50%) hanno negato la propria collaborazione. Le aree del Sud e del Nord-Est sono quelle in cui si sono registrati i maggiori rifiuti (tre su quattro istituti contattati). Non risultato esservi particolari differenze nell’adesione in base alla tipologia di istituto. All’interno di ciascuna scuola sono state selezionate in modo casuale cinque classi corrispondenti ai cinque anni di studio. Data l’assenza di strumenti specifici volti a indagare il bullismo omofobico, si è proceduto a costruire un questionario volto a investigare tale fenomeno da somministrare a studenti e insegnanti tramite due versioni distinte. Tutte le scale sono state ripetute per investigare il fenomeno nei confronti di gay e lesbiche separatamente. Il campione dello studio è costituito da 863 studenti e 42 insegnanti. Il 39,3% degli studenti (n = 326) è di sesso maschile. L’età media è di 17,3 (DS = 1,6) con un minimo di 15 anni e un massimo di 22. Il 45,5% (n = 393) degli studenti frequenta un istituto tecnico o professionale mentre il 54,5% (n = 470) un liceo. Il 32,5% degli insegnanti (n = 13) è di sesso maschile. L’età media è di 48,4 (DS = 8,7) con un minimo di 29 anni e un massimo di 65. In media i docenti svolgono il proprio lavoro da 19,4 anni (DS = 10,6), di cui una media di 8,5 (DS = 8,3) presso l’istituto scolastico attuale.
Risultati

Solo un terzo degli studenti non ha udito epiteti omofobi e prese in giro nei confronti di maschi nell’ultimo mese a scuola. Per uno studente su cinque queste espressioni fanno parte della vita scolastica quotidiana. Uno studente su 13 ha assistito almeno una volta nell’ultimo mese ad aggressioni omofobe di tipo fisico (calci e/o pugni). Se fra gli studenti gli epiteti omofobi e le prese in giro erano i più frequenti, fra gli insegnanti troviamo soprattutto dicerie e prese in giro. Gli insegnanti non riportano di essere a conoscenza di episodi di molestie sessuali oppure di aggressioni fisiche. Nei confronti delle femmine i comportamenti più frequenti sono epiteti, prese in giro e dicerie. In ogni caso la diffusione dell’esposizione a tali comportamenti riguarda un terzo dei partecipanti. Epiteti, prese in giro e dicerie nei confronti di femmine sebbene riconosciuti dagli insegnanti come più diffusi, sono riportati in percentuali minori. Gli insegnanti risultano poco o per nulla consapevoli degli atti di aggressione fisica, di cyberbullismo e di molestie sessuali.
Circa metà degli studenti riportano di avere utilizzato epiteti nei confronti di amici e compagni che si pensava gay e circa un quarto degli studenti riporta di averli utilizzati nei confronti di un’amica e nei confronti di una compagna che si pensava fosse lesbica. Un totale di circa 172 studenti (19,93%) potrebbe rientrare nei criteri di bullo secondo i criteri di Fonzi (1997) e Olweus (1993), avendo commesso almeno una tipologia fra i comportamenti indicati con cadenza settimanale nell’ultimo mese. Escludendo l’utilizzo di epiteti omofobi nei confronti di compagni e compagne di cui si pensava fossero gay o lesbiche, 115 studenti (13,33%) potrebbero essere considerati bulli. Un totale di 32 studenti (3,71%) hanno subito atti di bullismo omofobico a scuola con una cadenza almeno settimanale. Essi possono essere considerati vittime secondo i criteri di Fonzi (1997) e Olweus (1993).
La presenza di bullismo omofobico sembra dipendere da alcune variabili. La prima investigata è l’età: col passare degli anni ci sia una leggera diminuzione del fenomeno. Fra le differenze di genere, abbiamo trovato che i maschi hanno avuto una maggiore probabilità di compiere atti rivolti a maschi e a femmine presunti omosessuali in tutti i comportamenti considerati eccetto che per utilizzo di epiteti omofobi. Se rivolto a maschi, tale comportamento risulta essere equamente distribuito, mentre se rivolto a femmine è meno diffuso tra i maschi. Risultano lievi, anche se significative le differenze sulla base della provenienza regionale e della tipologia di istituto. Un ultimo risultato degno di nota è che all’aumentare dell’omofobia degli studenti aumenta la probabilità di avere commesso atti di bullismo omofobico a scuola nel mese precedente.
 
* Gabriele Prati – Supervisore scientifico della ricerca "Interventi di prevenzione contro il bullismo a sfondo omofobico"
Gabriele Prati, 35 anni, è laureato in Psicologia clinica di comunità presso l’Università di Bologna. Attualmente è professore a contratto presso la Facoltà di Scienze politiche di Forlì dove insegna Psicologia sociale e Psicologia giuridica. Si occupa di omogenitorialità e bullismo, e ha pubblicato testi e saggi sul bullismo omofobico come Il bullismo omofobico, manuale teorico pratico per insegnanti e operatori (con Pietrantoni, Bucoliero, Maggi) per Franco Angeli e (con Pietrantoni e Norcini Pala) Determinanti del comportamento prosociale in caso di bullismo omofobico per la rivista “Psicologia dell'educazione”.
Contatti: gabriele.prati@arcigay.it

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